Esperienza pregressa nella Funzione Pubblica, nei settori Artigiani e Commercio…Come si è avvicinata al mondo sindacale e com’è nata la passione per questo lavoro?
Provengo da una famiglia di operai e in casa si è sempre parlato tanto di politica. I miei genitori erano adolescenti durante il fascismo e quel periodo drammatico li ha segnati in profondità, determinando un fiero attaccamento alla cultura e ai simboli della lotta antifascista e coltivando la volontà di essere partigiani nella memoria.
Qual è stato l’approccio iniziale, nelle sale fumose delle assemblee e dei congressi a prevalenza maschile e com’è ora lavorare in un settore, quale quello dell’edilizia, in cui gli uomini sono numericamente prevalenti?
Sono arrivata al sindacato perché ho sempre sentito forte il bisogno di ragionare in termini collettivi e quando le mie colleghe, lavoravo in Comune, mi hanno spinto a fare l’esperienza in Rsu, perché a detta loro ero l’unica che riusciva a sintetizzare e rappresentare le problematiche che ci coinvolgevano, ho accettato con convinzione. Quella è stata la mia prima esperienza, seguita dagli incarichi come funzionaria e poi in segreteria della Funzione pubblica provinciale.
Sono arrivata poi in Fillea nel 2015 e, non lo nego, ero molto preoccupata di non riuscire a farmi accettare in un mondo prevalentemente maschile. Ho invece trovato un gruppo di lavoro che mi ha accolto con rispetto. Nelle aziende o negli Enti bilaterali spesso tuttora mi trovo ad essere l’unica donna. Devo dire che nelle battute iniziali degli incontri dove spesso si parla di calcio e di caccia, attività che non pratico, mi diverto però ad ascoltare aneddoti che sono sempre uno spaccato interessante della vita delle persone. Non ho trovato ostacoli o reticenze. A volte qualche diffidenza iniziale, ma poi il merito ha sempre prevalso. Inoltre, in questi anni ho conosciuto molte imprenditrici edili di grande valore e credo che questo evidenzi come non sia il genere a determinare le capacità, ma la volontà di ognuno di noi.
Prevenire e contrastare il fenomeno dei part-time involontari, promuovere il consolidamento dell’orario di lavoro e politiche sociali come l’effettiva parità salariale e il congedo di paternità con superamento della soglia di 10gg. Questi alcuni degli obiettivi su cui la Cgil si batte anche per garantire un Paese in linea con gli obiettivi dell’Agenda2030, ma quanto c’è ancora da fare?
In Italia ancora c’è molta strada da fare per garantire una vera emancipazione sociale e culturale di genere. La donna è ancora troppo spesso vista come l’angelo del focolare, il fiore candido da proteggere salvo poi limitarla nell’esercizio dei diritti e soffocarne la libertà di espressione, nella sfera privata come in quella pubblica. Nel mondo che frequento spesso ci sono commenti, non volgari, ma culturalmente ancorati ad una visione del femminile legato prevalentemente alla cura della casa e della famiglia. Il concetto di divisione dei compiti e dei ruoli sembra ancora lento da recepire, e soprattutto da mettere in pratica, ma non nelle nuove generazioni, più sensibili al concetto di reciprocità.
La donna è spesso penalizzata nel mondo del lavoro, sia per la mancanza di opportunità di impiego a tempo pieno, sia per la difficoltà di conciliare le esigenze familiari con quelle professionali. Il part-time involontario è un fenomeno che colpisce prevalentemente le mamme, che si trovano a dover accettare un orario ridotto non per scelta, ma per necessità. Questo comporta una minore retribuzione, una minore tutela e una minore possibilità di crescita nella carriera. Per questo la Cgil chiede politiche che sostengano la genitorialità, come il congedo di paternità obbligatorio e la parità salariale effettiva tra uomini e donne, e che favoriscano la flessibilità e il consolidamento dell’orario di lavoro. Così come è fondamentale potenziare i servizi per gli anziani e fare i conti con l’aumento dell’età media della popolazione a fronte di un progressivo calo demografico. Queste sono alcune delle misure che la Cgil propone per realizzare un welfare nuovo e adeguato alle sfide del mondo contemporaneo.
Quali sono le difficoltà che incontrano le donne nel settore dell’edilizia e quali le opportunità di carriera?
Il settore dell’edilizia è tradizionalmente dominato dagli uomini, che svolgono lavori fisicamente impegnativi. Tuttavia, con l’avanzamento tecnologico, si aprono nuove possibilità per le donne di entrare in questo ambito. Come si è aperta la strada alle donne che ora ricoprono ruoli da imprenditrici, ingegnere, architette, geometre, restauratrici e archeologhe, così ora c'è chi guida la betoniera e chi svolge attività in cantiere, anche se in Italia è ancora raro. Penso per questo, che gli imprenditori dovrebbero valorizzare le competenze femminili, soprattutto in una fase di trasformazione dell’edilizia, che richiede nuove figure professionali specializzate in bioedilizia, nuove tecnologie e nuovi materiali, senza titubanze o pregiudizi.
È ancora sulle donne che pesa molto spesso il carico del lavoro familiare e di cura, vengono effettivamente rispettati i tempi di conciliazione lavoro-vita privata all’interno del sindacato?
Per le donne sindacaliste, conciliare il lavoro e la vita privata è una questione cruciale. Il nostro impegno richiede dedizione e passione, ma anche una forte motivazione. Spesso sottraiamo molto tempo alla famiglia, ma credo che il nostro ruolo sia fondamentale per difendere i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori. Tuttavia, la presenza femminile nel sindacato resta ancora insufficiente e dobbiamo lavorare affinché sia favorita una maggiore inclusione.
Quali sono, in conclusione, le sfide più significative nel coinvolgimento delle donne nel sindacato? Cosa viene fatto per favorirne la partecipazione nelle decisioni sindacali?
Il sindacato ha bisogno di una maggiore rappresentanza femminile, sia nei ruoli di vertice che alla base. Le donne infatti portano una visione diversa e complementare a quella maschile, che arricchisce il confronto e il dialogo. Nella mia relazione programmatica al congresso nazionale ho infatti sostenuto la necessità di aumentare la presenza di donne nei nostri organismi dirigenti, così com’è accaduto nel direttivo Fillea Cgil. La nostra sfida è quella di rendere il settore edile più aperto e inclusivo per le lavoratrici, che ancora oggi incontrano ostacoli e discriminazioni e valorizzare le loro competenze e le loro aspirazioni!
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