di Lucio Caporizzi
Il Regolamento (UE) 2021/1060, recante disposizioni comuni per una pluralità di fondi europei, tra i quali il Fondo di sviluppo regionale ed il Fondo sociale e ad eccezione dello Sviluppo rurale, all’art.5 individua – per il periodo di programmazione 2021-2027 – i 5 Obiettivi strategici (detti anche Obiettivi di Policy – OP) sostenuti dai Fondi sopracitati.
Tra questi Obiettivi strategici, il numero 5 è intitolato “Un’Europa più vicina ai cittadini attraverso la promozione dello sviluppo sostenibile e integrato di tutti i tipi di territorio e delle iniziative locali”, prevedendo a tal fine la elaborazione di esplicite strategie territoriali a base partenariale locale, da finanziare attraverso strumenti di collegamento tra i programmi operativi e le strategie stesse.
L’analogo Regolamento che dettava norme per il precedente periodo di programmazione, il Regolamento (UE) 1303/2013, individuava ben 11 Obiettivi tematici, tra i quali nessuno riguardava direttamente la programmazione cosiddetta “place based”, cioè interventi a dimensione territoriale. Tali modalità di intervento erano peraltro previste all’art. 36 dello stesso Regolamento, dove si dettano modalità di intervento, anche a dimensione territoriale, che coinvolgano più Fondi strutturali, estendendosi anche allo sviluppo rurale (Investimenti Territoriali Integrati - ITI).
In particolare il tema dello sviluppo urbano sostenibile veniva introdotto dal Regolamento (UE) 1301/2013, relativo al Fondo di sviluppo regionale per il periodo 2014-2020. In tale Regolamento, infatti, all’art.7 si prevedeva un’apposita riserva di risorse (almeno il 5%) da destinare al finanziamento di azioni integrate per lo sviluppo urbano sostenibile (Agenda urbana), da realizzarsi tramite ITI o istituendo uno specifico Programma operativo o Asse prioritario.
L’Accordo di Partenariato tra lo Stato italiano e la Commissione europea relativo alla programmazione 2014-2020 individuò un’ulteriore tipologia di intervento a dimensione territoriale, dedicato ad azioni integrate di sviluppo per le Aree interne del Paese, nell’ambito di una specifica strategia nazionale (SNAI).
Volendo essere più precisi e compiere un breve excursus storico, va richiamato come l’Italia presenti in realtà una rilevante tradizione nell’utilizzo dei fondi europei per lo sviluppo territoriale locale integrato, con un impianto strategico precursore anche di quanto poi gradualmente affermatosi in altri Paesi europei.
Fin dalla Programmazione 2000-2006, il Quadro Comunitario di Sostegno attivava un rilevante numero di Progetti Integrati Territoriali (PIT) che hanno mobilitato 5,6 miliardi di euro nei programmi operativi di sette regioni del Mezzogiorno, esperienza ripresa anche in altre regioni del Centro-Nord.
L’attenzione alle tematiche dello sviluppo territoriale è andata avanti anche nel successivo periodo di programmazione (2007-2013) attraverso il sostegno a progetti integrati a regia comunale in tutte le regioni del Mezzogiorno ed in altre nove nel resto del Paese.
Tali esperienze, oggetto di valutazioni che hanno consentito di evidenziarne i lati positivi come pure carenze ed errori, hanno quindi condotto alle scelte, più innovative e nette, recate nei già richiamati Regolamenti europei e nell’Accordo di Partenariato per il periodo 2014-2020, con l’architettura basata su Programmi molto concentrati per le Città metropolitane, uno spettro di intervento più ampio per le città meno grandi e la definizione della già citata Strategia nazionale per le Aree Interne (SNAI).
L’iniziativa di Agenda urbana, in particolare, è figlia, da un lato, del riconoscimento della crescente importanza delle città come luogo d’elezione dell’economia della conoscenza, come pure di sperimentazioni di innovazione sociale, dall’altro dall’esigenza di affrontare fenomeni di degrado e di disagio delle periferie ma, in alcuni casi, anche dei centri storici, per via dei processi di perdita di funzioni e popolazione residente.
Agenda urbana ha rappresentato, nel nostro Paese, anche un terreno di confronto tra Regioni e Comuni, con questi ultimi sovente tesi verso un rapporto diretto con le Amministrazioni centrali, bypassando, quindi, il ruolo programmatorio delle Regioni.
Tale rapporto diretto si è realizzato senz’altro nel caso delle Città metropolitane, oggetto di uno specifico Programma Operativo Nazionale (PON), mentre, nel caso dei centri minori, si sono avute tipologie attuative diverse a seconda delle varie regioni, ruotanti intorno alla novità del ruolo di Autorità urbane riconosciuto ai Comuni interessati, che ha condotto ad interessanti esperienze di coprogettazione.
Senza dubbio la introduzione, con l’OP 5, di un obiettivo specifico territoriale, ha rappresentato un passo in avanti, rispetto al periodo 2014-2020, fornendo agli interventi a dimensione territoriale un più deciso ancoraggio programmatico, oltre che un più sostanzioso riconoscimento in termini finanziari. Parimenti importante la maggior flessibilità nel “montaggio” delle diverse Misure, consentendo un matching più puntuale tra queste e le strategie territoriali che esse vanno a sostenere.
La elaborazione degli indirizzi e delle priorità per la programmazione europea 2021-2027 si è sviluppata anche attraverso un intenso lavoro su specifici Tavoli partenariali, uno per ciascun OP, quindi anche per le strategie territoriali.
Il lavoro dei Tavoli ha teso ad evidenziare gli elementi di continuità con la precedente programmazione, rispetto alle innovazioni che si ritengano necessarie per migliorare l’efficacia della programmazione. Punti di attenzione, nel raffronto di quanto realizzato nel 2014-2020, in rapporto alle regole del 2021-2027, sono stati, tra gli altri: la modalità seguita nel garantire il coinvolgimento del partenariato istituzionale e socio-economico, nonché della società civile; l’approccio integrato a livello di visione strategica oppure di tipo più direttamente operativo; il livello di specificazione della ST, in termini di individuazione di interventi ed opere da realizzare; il raccordo e le sinergie con altri strumenti di pianificazione territoriale; l’esigenza di ridurre i tempi relativi al processo tecnico- amministrativo per l’impostazione e l’elaborazione della strategia.
La cruciale questione dei tempi conduce al fondamentale tema della semplificazione; a
tale proposito il tavolo ha registrato un consenso generale sull’utilità di definire un quadro di riferimento comune per alcuni snodi, così che, partendo dalle “buone pratiche 2014- 2020”, si pervenga ad individuare degli standard comuni per alcuni passaggi e strumenti amministrativi di preparazione della strategia e passaggio all’attuazione.
Proprio al fine di ridurre i tempi e semplificare gli strumenti, senza precludere l’attivazione di nuove ST, l’Accordo di Partenariato 2021-2027 prevede che le politiche e le iniziative di sviluppo territoriale locale potranno proseguire, migliorandole dal punto di vista tecnico e amministrativo, con gli approcci e le strategie adottate nel 2014-2020, valorizzando l’investimento istituzionale, amministrativo e operativo realizzato negli anni nelle Città.
Resta comunque necessaria un’azione di rafforzamento della capacità delle strutture amministrative dei beneficiari pubblici dei fondi.
D’altra parte i territori sono diversi e devono poter avere la propria/pertinente strategia (che è, di fatto, il principale messaggio proveniente dall’Obiettivo di policy 5).
Occorre, quindi, trovare il giusto equilibrio tra il riconoscimento delle diversità nelle priorità strategiche, anche alla luce delle differenze tra i diversi territori, e l’adozione di una cornice comune che sia utile per la programmazione che va ad iniziare, partendo dagli spunti utili dall’evoluzione delle esperienze di Agenda urbana di cui all’Accordo di partenariato 2014‐2020: gli inquadramenti servono se aiutano a capire le proprie opportunità e strumenti adatti, non se esitano solo in un’omologazione formale.
Dal punto di vista delle tematiche di merito, i lavori del Tavolo partenariale si son concentrati su alcune priorità, che dovranno avere un ruolo importante nella programmazione 2021-2027.
Una prima tematica di assoluto rilievo è quella relativa alla promozione di città verdi e sostenibili, in considerazione del forte impatto ambientale delle città.
Da qui l’importanza di rafforzare la resilienza delle aree urbane e di contribuire agli obiettivi ambientali ed energetici dell’Agenda 2030, prevedendo una forte priorità strategica e finanziaria, comune a tutte le strategie territoriali urbane, per investimenti green tanto sul patrimonio esistente che nella mobilità urbana sostenibile, ricercando, a tal fine, le opportune sinergie con gli interventi e le risorse dell’OP 2 – Un’Europa più verde.
Una seconda tematica, in rafforzamento con quanto avvenuto nella programmazione 2014-2020, riguarda la necessità di continuare a coniugare i servizi alla comunità (mobilità, istruzione, salute, …) con la promozione dello sviluppo economico nelle città,con particolare attenzione a tutte quelle attività generalmente ricondotte alla macro area dell’economia della conoscenza.
Una terza tematica, riguarda la questione relativa alle povertà, gruppi vulnerabili e miglioramento dei servizi generali ai cittadini, una priorità “trasversale” di tutte le strategie territoriali, con particolare riferimento a: interventi e sperimentazioni nel sociale; prosecuzione dell’impegno nei servizi di base per infanzia, accoglienza e integrazione migranti, senza dimora, anziani, altre categorie fragili; riuso del patrimonio pubblico per servizi ai cittadini e attività dell’economia creative e ibrida.
Una quarta tematica, di grande importanza strategica, viene individuata nello sviluppo ulteriore del potenziale culturale, puntando su: ruolo e contributo della cultura nella strategia; gestione sostenibile e innovativa delle strutture/ funzioni culturali recuperate o create ex novo, reti e sistemi; modalità, meccanismi, strumenti per combinare risorse per la cultura con quelle per lo sviluppo locale a finalità plurime.
Infine, il Tavolo ha registrato consistenti e diffuse aspettative su cultura e turismo/sviluppo economico, soffermandosi sulla necessità di definire più approfonditamente le componenti e/o declinazioni tematiche più “promettenti” per nutrire le strategie.
La Regione Umbria, a sua volta, fin dal periodo 2014-2020, ha attribuito grande importanza alla dimensione territoriale della programmazione europea, sia con riferimento all’Agenda urbana, che prevedendo 3 Aree interne e un ITI, corrispondente al Comprensorio del Lago Trasimeno, al quale concorrono anche le risorse dello sviluppo rurale, oltre che del Fesr e del Fse. Quella dell’ITI Trasimeno rappresentava un caso, pressoché unico all’epoca in Italia, di elaborazione ed attuazione di una ST integrata al di fuori di aree urbane o aree interne, dove lo specchio lacustre, con le sue opportunità e problematiche, rappresenta il fattore di identità distintiva dell’area e di collegamento dei diversi centri urbani. Tale esperienza non risulta essere confermata nella programmazione 2021-2027.
In particolare all’ Asse specifico per l’Agenda urbana venne assegnata una quota di risorse pari a circa l’8% del totale del Programma, superiore, quindi, alla quota minima prevista dal Regolamento europeo.
Oltre che per l’attenzione alla quantificazione delle risorse finanziarie, la costruzione dell’Agenda urbana in Umbria si è caratterizzata per la forte “impronta” programmatoria da parte della Regione, ovviamente declinata in proficue attività di concertazione e negoziazione con gli stakeholder interessati, oltre che, ovviamente, con gli Enti locali.
La individuazione delle città da coinvolgere nell’Agenda urbana dell’Umbria è avvenuta nell’ambito del Quadro Strategico Regionale 2014-2020 (QSR), approvato dal Consiglio regionale, documento teso a definire gli indirizzi e le priorità per la successiva elaborazione delle proposte di Programmi operativi. Non si è quindi seguita la strada del bando, come per i precedenti Programmi Urbani Complessi (PUC) o come scelto da altre Regioni per la stessa Agenda urbana. Non si è neanche seguito il metodo prettamente “istituzionale”, che avrebbe condotto ad individuare solo i due capoluoghi di Provincia.
Di fatto la Giunta regionale ha proposto – seguendo criteri di equilibrio territoriale, oltre che di importanza dei centri urbani – le prime 4 città della regione (Perugia, Terni, Foligno, Città di Castello) ripartendo tra di esse il complesso delle risorse individuate. Nel successivo passaggio consiliare è stata aggiunta anche Spoleto, portando così a 5 il totale delle città interessate. Tale scelta è stata poi confermata dalla Regione Umbria anche nella programmazione 2021-2027, utilizzando, in questo caso, lo strumento dell’Investimento Integrato Territoriale.
Il fatto di non aver seguito una procedura competitiva ha portato a valorizzare il metodo della coprogettazione tra l’autorità di gestione e le singole autorità urbane, metodo arricchito da periodici incontri “plenari”, tesi a concordare le modalità operative e condividere le attività.
Data la pluralità di Misure coinvolte, afferenti a 2 Programmi operativi, gestiti da diverse partizioni organizzative della Regione, venne individuata una figura di Project manager, per supportare l’Autorità di gestione nel coordinamento delle strutture regionali responsabili delle diverse Misure, oltre che per relazionarsi con le Autorità urbane.
Nel definire modalità e contenuti dell’Agenda urbana, si è fatto tesoro dell’esperienza compiuta con i Programmi Urbani Complessi, pur nella consapevolezza della differenza di impostazione e di finalità dei programmi di Agenda urbana.
L’attuazione dei Programmi, dopo una complessa e, forse, troppo lunga fase di coprogettazione, ha evidenziato i limiti delle amministrazioni comunali nel misurarsi con la “messa a terra” di programmi integrati le cui componenti progettuali, quindi, devono poter assicurare effetti di complementarietà e sinergia.
Una riflessione su tale esperienza, supportata da adeguate valutazioni, sarebbe senz’altro utile per migliorare la nuova stagione programmatoria che va ad iniziare.
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