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La questione abitativa è una questione politica



L’escalation del costo degli affitti in Italia è sempre più evidente. Secondo quanto riportano i dati dell’Osservatorio affitti di Immobiliare.it Insights i canoni crescono del 10,1% su base annua e del 3,1% su base semestrale. Negli ultimi due anni, il prezzo medio in Italia ha raggiunto il suo picco nel mese di maggio 2024, attestandosi su un valore pari a 13,83 euro al metro quadro.

L'analisi dell'Osservatorio Affitti rivela un notevole aumento dell'offerta immobiliare a Milano, con un incremento annuo vicino all'83%, seguita da Bologna con una percentuale leggermente inferiore al 77%. Tuttavia, si osserva una diminuzione della domanda del 23,7% a Milano e del 14,5% a Bologna. Al contrario, Roma e Napoli registrano un'impennata nelle richieste di affitti, rispettivamente del 53,5% e del 52%, cifre ben al di sopra della media nazionale. In contrasto, nelle città di minori dimensioni si è verificato un calo dell'offerta del 22,7%, nonostante un modesto aumento della domanda dello 0,7%.



Una situazione che risente dell’intrecciarsi di molteplici fattori, a partire dalla stagnazione degli stipendi. La retribuzione media annua in Italia è infatti una delle più basse in Europa. Nel periodo compreso tra il 2013 e il 2022, l'incremento dei salari nominali per lavoratore in Italia ha registrato un aumento del 12%, a fronte di un livello di crescita europeo pari al 23%. Analizzando la situazione dal punto di vista del potere d'acquisto, emerge un contrasto ancora più marcato: mentre l'Italia mostra un decremento del 2%, il resto dell'Unione Europea evidenzia un incremento del 2,5%.

L’aumento dei canoni di locazione, che supera la crescita degli stipendi, rende il mercato degli affitti sempre più gravoso per gli inquilini, specialmente nelle città con un alto costo della vita come Milano. La ridotta disponibilità di immobili in affitto, unita a una domanda crescente, in particolare per affitti brevi e in località turistiche, contribuisce a un mercato teso e a prezzi in aumento.

Temi quali l'alienazione abitativa, l'influenza del turismo sulla sostenibilità delle città, la trasformazione dei quartieri attraverso la gentrificazione sono non soltanto di grande attualità, ma hanno un impatto tangibile sulla vita quotidiana e sulle scelte personali di ognuno di noi, più o meno direttamente, più o meno consapevolmente.

Le grandi città sono anche ambite destinazioni turistiche e affittare immobili a visitatori temporanei può risultare più redditizio rispetto ai contratti di lungo periodo con famiglie o studenti. Questa pratica è spesso preferita dai proprietari di immobili per la minore incertezza nella gestione degli inquilini, per ridurre il rischio di morosità e le difficoltà negli sfratti. Una scelta che rimane legittima perché consentita dalle normative vigenti, ma forse non sufficientemente regolamentata.



Barcellona, nota per essere un fulcro turistico in Spagna, prevede di vietare l'affitto di appartamenti ai visitatori entro il 2028. Barcellona è una città vitale, un hub economico nazionale con istituzioni educative e centri di ricerca, e una popolazione di 1,62 milioni di persone. Tuttavia la crescente redditività degli affitti a breve termine ha reso difficile per i residenti trovare alloggi a prezzi accessibili. La nuova legislazione, introdotta dal sindaco Jaume Collboni, mira a revocare oltre 10.000 licenze con l’intento di affrontare quello che è considerato il principale problema urbano.

L'indagine pubblicata il 17 giugno scorso da Il Sole 24 OreIl costo della casa. Affitti più cari, ecco l’impatto sugli stipendi” ha messo in luce una crescente pressione sui redditi dei lavoratori dipendenti a causa dell'aumento dei costi degli affitti nei capoluoghi italiani. Tra il 2018 e il 2023, l'incidenza media dei contratti a canone libero sui salari è salita dal 31,6% al 35,2%, superando il 40% in sei città, come Firenze (46,5%) e Bologna (40,2%) . Questo fenomeno ha sollevato preoccupazioni tra i cittadini e le imprese, con il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, che ha sottolineato l'insostenibilità di affitti che superano il 25-30% dello stipendio, specialmente per i giovani lavoratori. A Perugia e Terni l’incidenza media del canone sul reddito è rispettivamente del 26,8% e 23%, in aumento rispetto al 2018 del 3,9% per Perugia e del 2,4% per la città di Terni (dati Omi-Agenzia delle Entrate e statistiche fiscali delle Finanze).



Mai come nell’ultimo quinquennio siamo di fronte a lavoratori poveri – dichiara Cristina Piastrelli, segretaria provinciale del Sunia di PerugiaLo stipendio medio di chi si rivolge al nostro ufficio è poco più di 10mila euro lordi annui, risulta quindi evidente come un canone di locazione o un mutuo graverebbero in modo fatale sul bilancio familiare”.

Piastrelli prosegue descrivendo l’andamento delle aste giudiziarie nel capoluogo perugino. “Per far sì che le aste non vadano deserte e per soddisfare il creditore in tempi rapidi, il valore degli immobili viene da subito drasticamente ribassato del 25%. Un cambiamento significativo rispetto al passato quando le aste partivano dal prezzo pieno e si riducevano gradualmente. Sebbene in precedenza la riacquisizione di una casa potesse richiedere fino a otto o dieci anni, oggi il processo è stato notevolmente accelerato, con 370 esecuzioni mensili, portando quindi numerose famiglie a rientrare nel mercato delle locazioni”.

Fino a qualche anno fa, inoltre, non si sentiva parlare granché degli sfratti per finita locazione, mentre ora desta sempre meno meraviglia. “Dall’ultimo bando per le case popolari – sottolinea la segretaria del Sunia di Perugia - ben 980 le domande, ancora non è stata istituita la Commissione per assegnare gli alloggi. La legge regionale prevede che al momento dell’assegnazione i richiedenti debbano avere gli stessi requisiti di quando hanno fatto domanda, ma essendo passati mesi, possono essere mutate le condizioni personali e quindi il rischio è quello di perdere punteggio. Una volta pubblicato il bando, - conclude Piastrelli – i tempi per l’istruttoria devono essere brevi perché non ci si può permettere di giocare con la vita delle persone”.

Nonostante sia aumentata l’attenzione al tema della casa, manca a livello istituzionale una presa di posizione chiara mentre si mostrano sempre più evidenti gli effetti delle politiche pubbliche portate avanti negli anni, spesso schizofreniche, a livello regionale, nazionale e non solo. Aumentano i valori immobiliari, aumentano gli affitti, ma non aumentano gli stipendi di pari passo. La questione abitativa è una questione culturale, una questione politica.


Per la Redazione - Chiara Maria Sole Bravi

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